Il corso si propone l’obiettivo di fornire allo studente la capacità di elaborare soluzioni giuridiche ai nuovi problemi posti dalle trasformazioni culturali e religiose della società contemporanea. Il principale scopo formativo del corso è l’acquisizione delle competenze necessarie a tradurre nelle categorie del diritto positivo le istanze di tutela caratterizzate dalla differenza culturale e religiosa. L’analisi del contributo storico-culturale del diritto canonico e della sua evoluzione alla formazione del diritto secolare contemporaneo è uno snodo centrale dell’insegnamento. Essa sarà proposta allo studente in costante comparazione con i contenuti di altri diritti religiosi al fine di prepararlo a un uso interculturale del diritto positivo che sia effettivamente in linea con l’impostazione pluralista, inclusiva ed egualitaria custodita nei principi fondamentali rispettivamente del diritto italiano, europeo e internazionale.
Anche con riferimento a casi pratici lo studente dovrà acquisire capacità di analisi e abilità nel proporre soluzioni alle questioni di diritto dimostrando buoni livelli nella capacità di comprensione, nell’abilità comunicativa e nella disposizione a valutare in termini critico-creativi l’esperienza giuridica contemporanea
Al termine del corso, lo studente dovrà dimostrare l’adeguata conoscenza e capacità, rispettivamente:
a) nel saper analizzare e ricostruire in chiave teorico-pratica le categorie dell’esperienza giuridica contemporanea in relazione ai suoi presupposti canonistici e alle istanze di tutela scaturenti dalle differenze culturali e religiose.
b) nell’articolare le conoscenze di base relative alla metodologia del diritto interculturale in relazione agli istituti delle altre culture giuridiche, del diritto canonico e dei diritti religiosi, alla comparazione/traduzione di essi e al loro impiego in chiave interculturale all’interno dei circuiti dell’esperienza giuridica secolare.
Agenda 2030: 5,10,11, 16.
Anche con riferimento a casi pratici lo studente dovrà acquisire capacità di analisi e abilità nel proporre soluzioni alle questioni di diritto dimostrando buoni livelli nella capacità di comprensione, nell’abilità comunicativa e nella disposizione a valutare in termini critico-creativi l’esperienza giuridica contemporanea
Al termine del corso, lo studente dovrà dimostrare l’adeguata conoscenza e capacità, rispettivamente:
a) nel saper analizzare e ricostruire in chiave teorico-pratica le categorie dell’esperienza giuridica contemporanea in relazione ai suoi presupposti canonistici e alle istanze di tutela scaturenti dalle differenze culturali e religiose.
b) nell’articolare le conoscenze di base relative alla metodologia del diritto interculturale in relazione agli istituti delle altre culture giuridiche, del diritto canonico e dei diritti religiosi, alla comparazione/traduzione di essi e al loro impiego in chiave interculturale all’interno dei circuiti dell’esperienza giuridica secolare.
Agenda 2030: 5,10,11, 16.
scheda docente
materiale didattico
Il diritto interculturale è una metodologia di analisi e di gestione pratica dei rapporti tra ordinamenti giuridici e diversità culturali e/o religiose. La necessità di sviluppare e diffondere questa metodologia è una conseguenza del progressivo intensificarsi sulla scena sociale e nei circuiti dell’esperienza di tre fattori:
a) la crescente mobilità su scala transnazionale degli individui;
b) i rapidi processi di modificazione della base etno-culturale delle compagini sociali corrispondenti agli stati nazionali o alle aree gius-politiche regionali;
c) la deterritorializzazione dei rapporti intersoggettivi che ritmano l’esperienza giuridica e la progressiva non-coincidenza o diffrazione tra lo spazio dove si dispiega l’agire giuridico degli individui o dei gruppi e l’ambito territoriale proprio dei singoli ordinamenti statali.
L’approccio interculturale al diritto e alla differenza culturale/religiosa si distingue sia in termini teorici, sia in termini pratici, tanto dal diritto internazionale privato quanto dal diritto comparato, poiché esso si focalizza sulla traduzione in termini legali di abiti cognitivi e di comportamento piuttosto che principalmente di norme. I suoi presupposti metodologici e operativi si basano su tre assunti principali:
x) le persone non sono norme;
y) le culture non sono repertori di usi e costumi ma apparati cognitivi;
z) le religioni non sono ‘confessioni religiose’ e i rapporti di esse con il diritto, e in particolare con il diritto di paesi democratici e secolarizzati, è da analizzare con riferimento ai contenuti antropologici delle categorie di fondo dell’esperienza giuridica.
La metodologia giuridico-interculturale che sarà illustrata durante il corso si incentra sul momento della traduzione e quindi della determinazione del significato dell’agire dei soggetti di diritto appartenenti a culture diverse da quella occidentale, o a religioni non ricomprese nell’area del cristianesimo, ai fini della qualificazione in termini legali delle loro condotte. La necessità urgente di sviluppare e acquisire la capacità di gestione in termini legali della differenza culturale e religiosa è strettamente connessa sia alla convivenza democratica tra persone con schemi cognitivi e di valore differenti; sia al bisogno di impostare i rapporti intersoggettivi quotidiani in modo effettivamente conforme al diritto, rimuovendo gli ostacoli di ordine socio-comunicativo che possano limitare di fatto la libertà e l’uguaglianza dei soggetti di diritto e così compromettere la fruizione da parte di essi delle prerogative stabilite dall’ordinamento giuridico.
Il programma del corso affronterà innanzi tutto l’analisi dei rapporti tra diritto, cultura e religione negli ordinamenti c.d. secolari. Esso si articolerà in termini pratici attraverso l’esame degli istituti principali dell’agire giuridico civilistico e penalistico per porre in evidenza l’incidenza degli schemi cognitivo-culturali e religiosi nella determinazione del significato dell’agire dei singoli in ordine all’applicazione delle norme di diritto positivo ai casi concreti. Così, ad esempio, si tratterà della pratica legale in relazione ai problemi che potrebbero sorgere sia per i singoli individui, sia per i professionisti che li assistano o per i giudici che debbano giudicare la loro condotta, considerando la diversità culturale e religiosa delle parti coinvolte, con riferimento, rispettivamente:
1. alla conclusione di un contratto (con persone di diversa cultura o religione), e così anche
2. alla gestione dei rapporti di lavoro;
3. e ancora, alla comprensione e repressione delle condotte penalmente rilevanti;
4. alla gestione delle attività commerciali;
5. alla predisposizione delle prassi amministrative;
6. alla regolamentazione delle pratiche familiari, matrimoniali e di educazione della prole;
7. alla qualificazione giuridica delle disposizioni testamentarie;
L’elenco adesso fornito è soltanto esemplificativo. Altri ambiti e casi potranno formare oggetto di studio durante lo svolgimento del corso.
Una ulteriore sezione del corso riguarderà il rapporto tra secolarizzazione del diritto e tradizioni religiose. Oggetto delle lezioni sarà, a questo riguardo, una dettagliata analisi critica della secolarizzazione nell’ambito del diritto. La questione si dispiega in un ambito tutto pratico. Essa può essere efficacemente sintetizzata in pochi quesiti esemplificativi. È possibile immaginare le trattative relative a un contratto, ad esempio, tra una persona di cultura italiana e una persona di cultura cinese prescindendo dai rispettivi schemi culturali e religiosi? E giungere alla conclusione di esso ignorando il rapporto tra il loro agire e rispettivamente, la tradizione etico-morale cristiana e quella confuciana? E ciò, soprattutto, considerata la straordinaria incidenza antropologica di queste tradizioni sugli schemi cognitivi e di comportamento dei due contraenti? Si pensi – giusto per esemplificare – a standard valutativi come la buona fede e l’equità, ma anche a istituti come l’errore contrattuale, la liceità della causa in relazione alle aspettative delle parti e al valore/significato da ciascuna attribuito all’oggetto del contratto e alle sue componenti. E ancora, è possibile interpretare adeguatamente un testamento (specialmente se olografo) redatto da una persona di cultura diversa da quella dell’interprete giuridico senza conoscere gli schemi antropologici e, specificamente, cognitivo-etici, soggiacenti ai suoi modelli di trasmissione inter-generazionale del patrimonio? È possibile qualificare in termini di rilevanza penalistica la condotta di una persona di diversa religione senza comprendere il rapporto tra quella condotta e il significato che essa attribuisce ai singoli gesti sulla base degli schemi antropologici di derivazione religiosa? E, più specificamente, è giuridicamente giustificabile non tenere conto della differenza di schemi cognitivi di matrice culturale e/o religiosa nel distinguere tra ‘ignorantia facti’ e ‘ignorantia legis’, schiacciando la prima sulla seconda – considerando che la prima ‘excusat’ e la seconda ‘non’?
La sequenza di questioni adesso sollevate richiede un’analisi ricostruttiva, anche di tipo storico-culturale e antropologico, riguardante la vasta resilienza di schemi cognitivi e di valore di derivazione teologico-morale cristiana in seno al lessico giuridico degli ordinamenti occidentali secolarizzati, e in particolare, di quello italiano. A questo scopo, il corso si occuperà di esaminare l’influenza storico-concettuale del diritto canonico e della teologia-morale cristiana nella formazione di molti istituti vigenti di diritto civile e penale secolare e, in relazione a essi, la presenza diffusa in molti ordinamenti statali – come quello italiano – di una pervasiva teologia giuridica. Tutto ciò solleva l’interrogativo, di formidabile difficoltà e impellente attualità, circa la possibilità di coniugare questa connotazione religioso-culturale dei lessici legali nazionali con le esigenze (e le promesse) di universalità e razionalità intrinseche alla modernità giuridica secolare di matrice occidentale.
Nella sua parte finale, il corso si occuperà di illustrare la tecnica di traduzione giuridica interculturale e interreligiosa come soluzione in linea con i principi costituzionali e i diritti umani e diretta a superare le disuguaglianze e le discriminazioni implicite, ma non per questo meno pervasive, derivanti dall’incompletezza culturale dei moderni processi di secolarizzazione e, quindi, di universalizzazione dell’esperienza giuridica.
In conclusione, il corso si propone di equipaggiare lo studente di giurisprudenza, giurista di domani, con gli strumenti interpretativi e applicativi indispensabili a gestire la propria attività in circuiti sociali sempre più segnati dall’impatto della globalizzazione, della mobilità transnazionale degli individui e, quindi, dalle esigenze di convivenza tra persone di cultura e religione differenti.
1) M. Ricca (2008), Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale. Dedalo: Bari.
o, in alternativa,
M. Ricca (2013), Culture interdette. Modernità, migrazioni, diritto interculturale. Bollati Boringhieri: Torino.
2. M. Ricca, Traduzione interculturale, free download al link:
https://www.researchgate.net/publication/377852796_Traduzione_interculturale
3) Letture consigliate:
Geraldina Boni, Andrea Zanotti (2024), Matrimonio e famiglia tra diritti religiosi e diritti secolari. Zanichelli: Bologna.
Ulteriore materiale, anche in relazione alle esigenze didattiche prospettate dagli studenti, potrà essere indicato dal docente durante le lezioni
Programma
PROGRAMMA DEL CORSOIl diritto interculturale è una metodologia di analisi e di gestione pratica dei rapporti tra ordinamenti giuridici e diversità culturali e/o religiose. La necessità di sviluppare e diffondere questa metodologia è una conseguenza del progressivo intensificarsi sulla scena sociale e nei circuiti dell’esperienza di tre fattori:
a) la crescente mobilità su scala transnazionale degli individui;
b) i rapidi processi di modificazione della base etno-culturale delle compagini sociali corrispondenti agli stati nazionali o alle aree gius-politiche regionali;
c) la deterritorializzazione dei rapporti intersoggettivi che ritmano l’esperienza giuridica e la progressiva non-coincidenza o diffrazione tra lo spazio dove si dispiega l’agire giuridico degli individui o dei gruppi e l’ambito territoriale proprio dei singoli ordinamenti statali.
L’approccio interculturale al diritto e alla differenza culturale/religiosa si distingue sia in termini teorici, sia in termini pratici, tanto dal diritto internazionale privato quanto dal diritto comparato, poiché esso si focalizza sulla traduzione in termini legali di abiti cognitivi e di comportamento piuttosto che principalmente di norme. I suoi presupposti metodologici e operativi si basano su tre assunti principali:
x) le persone non sono norme;
y) le culture non sono repertori di usi e costumi ma apparati cognitivi;
z) le religioni non sono ‘confessioni religiose’ e i rapporti di esse con il diritto, e in particolare con il diritto di paesi democratici e secolarizzati, è da analizzare con riferimento ai contenuti antropologici delle categorie di fondo dell’esperienza giuridica.
La metodologia giuridico-interculturale che sarà illustrata durante il corso si incentra sul momento della traduzione e quindi della determinazione del significato dell’agire dei soggetti di diritto appartenenti a culture diverse da quella occidentale, o a religioni non ricomprese nell’area del cristianesimo, ai fini della qualificazione in termini legali delle loro condotte. La necessità urgente di sviluppare e acquisire la capacità di gestione in termini legali della differenza culturale e religiosa è strettamente connessa sia alla convivenza democratica tra persone con schemi cognitivi e di valore differenti; sia al bisogno di impostare i rapporti intersoggettivi quotidiani in modo effettivamente conforme al diritto, rimuovendo gli ostacoli di ordine socio-comunicativo che possano limitare di fatto la libertà e l’uguaglianza dei soggetti di diritto e così compromettere la fruizione da parte di essi delle prerogative stabilite dall’ordinamento giuridico.
Il programma del corso affronterà innanzi tutto l’analisi dei rapporti tra diritto, cultura e religione negli ordinamenti c.d. secolari. Esso si articolerà in termini pratici attraverso l’esame degli istituti principali dell’agire giuridico civilistico e penalistico per porre in evidenza l’incidenza degli schemi cognitivo-culturali e religiosi nella determinazione del significato dell’agire dei singoli in ordine all’applicazione delle norme di diritto positivo ai casi concreti. Così, ad esempio, si tratterà della pratica legale in relazione ai problemi che potrebbero sorgere sia per i singoli individui, sia per i professionisti che li assistano o per i giudici che debbano giudicare la loro condotta, considerando la diversità culturale e religiosa delle parti coinvolte, con riferimento, rispettivamente:
1. alla conclusione di un contratto (con persone di diversa cultura o religione), e così anche
2. alla gestione dei rapporti di lavoro;
3. e ancora, alla comprensione e repressione delle condotte penalmente rilevanti;
4. alla gestione delle attività commerciali;
5. alla predisposizione delle prassi amministrative;
6. alla regolamentazione delle pratiche familiari, matrimoniali e di educazione della prole;
7. alla qualificazione giuridica delle disposizioni testamentarie;
L’elenco adesso fornito è soltanto esemplificativo. Altri ambiti e casi potranno formare oggetto di studio durante lo svolgimento del corso.
Una ulteriore sezione del corso riguarderà il rapporto tra secolarizzazione del diritto e tradizioni religiose. Oggetto delle lezioni sarà, a questo riguardo, una dettagliata analisi critica della secolarizzazione nell’ambito del diritto. La questione si dispiega in un ambito tutto pratico. Essa può essere efficacemente sintetizzata in pochi quesiti esemplificativi. È possibile immaginare le trattative relative a un contratto, ad esempio, tra una persona di cultura italiana e una persona di cultura cinese prescindendo dai rispettivi schemi culturali e religiosi? E giungere alla conclusione di esso ignorando il rapporto tra il loro agire e rispettivamente, la tradizione etico-morale cristiana e quella confuciana? E ciò, soprattutto, considerata la straordinaria incidenza antropologica di queste tradizioni sugli schemi cognitivi e di comportamento dei due contraenti? Si pensi – giusto per esemplificare – a standard valutativi come la buona fede e l’equità, ma anche a istituti come l’errore contrattuale, la liceità della causa in relazione alle aspettative delle parti e al valore/significato da ciascuna attribuito all’oggetto del contratto e alle sue componenti. E ancora, è possibile interpretare adeguatamente un testamento (specialmente se olografo) redatto da una persona di cultura diversa da quella dell’interprete giuridico senza conoscere gli schemi antropologici e, specificamente, cognitivo-etici, soggiacenti ai suoi modelli di trasmissione inter-generazionale del patrimonio? È possibile qualificare in termini di rilevanza penalistica la condotta di una persona di diversa religione senza comprendere il rapporto tra quella condotta e il significato che essa attribuisce ai singoli gesti sulla base degli schemi antropologici di derivazione religiosa? E, più specificamente, è giuridicamente giustificabile non tenere conto della differenza di schemi cognitivi di matrice culturale e/o religiosa nel distinguere tra ‘ignorantia facti’ e ‘ignorantia legis’, schiacciando la prima sulla seconda – considerando che la prima ‘excusat’ e la seconda ‘non’?
La sequenza di questioni adesso sollevate richiede un’analisi ricostruttiva, anche di tipo storico-culturale e antropologico, riguardante la vasta resilienza di schemi cognitivi e di valore di derivazione teologico-morale cristiana in seno al lessico giuridico degli ordinamenti occidentali secolarizzati, e in particolare, di quello italiano. A questo scopo, il corso si occuperà di esaminare l’influenza storico-concettuale del diritto canonico e della teologia-morale cristiana nella formazione di molti istituti vigenti di diritto civile e penale secolare e, in relazione a essi, la presenza diffusa in molti ordinamenti statali – come quello italiano – di una pervasiva teologia giuridica. Tutto ciò solleva l’interrogativo, di formidabile difficoltà e impellente attualità, circa la possibilità di coniugare questa connotazione religioso-culturale dei lessici legali nazionali con le esigenze (e le promesse) di universalità e razionalità intrinseche alla modernità giuridica secolare di matrice occidentale.
Nella sua parte finale, il corso si occuperà di illustrare la tecnica di traduzione giuridica interculturale e interreligiosa come soluzione in linea con i principi costituzionali e i diritti umani e diretta a superare le disuguaglianze e le discriminazioni implicite, ma non per questo meno pervasive, derivanti dall’incompletezza culturale dei moderni processi di secolarizzazione e, quindi, di universalizzazione dell’esperienza giuridica.
In conclusione, il corso si propone di equipaggiare lo studente di giurisprudenza, giurista di domani, con gli strumenti interpretativi e applicativi indispensabili a gestire la propria attività in circuiti sociali sempre più segnati dall’impatto della globalizzazione, della mobilità transnazionale degli individui e, quindi, dalle esigenze di convivenza tra persone di cultura e religione differenti.
Testi Adottati
I testi adottati si suddividono in tre blocchi, rispettivamente indicati ai successivi numeri 1, 2 e 3.1) M. Ricca (2008), Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale. Dedalo: Bari.
o, in alternativa,
M. Ricca (2013), Culture interdette. Modernità, migrazioni, diritto interculturale. Bollati Boringhieri: Torino.
2. M. Ricca, Traduzione interculturale, free download al link:
https://www.researchgate.net/publication/377852796_Traduzione_interculturale
3) Letture consigliate:
Geraldina Boni, Andrea Zanotti (2024), Matrimonio e famiglia tra diritti religiosi e diritti secolari. Zanichelli: Bologna.
Ulteriore materiale, anche in relazione alle esigenze didattiche prospettate dagli studenti, potrà essere indicato dal docente durante le lezioni
Modalità Valutazione
L'esame si svolgerà in forma orale e consisterà nell'accertare l'acquisizione da parte dello studente delle categorie fondamentali della metodologia giuridico-interculturale così come definite dal programma e dagli obiettivi formativi. Nella valutazione dell’esame la determinazione del voto finale terrà conto, in sequenza: del livello e della qualità della conoscenza degli argomenti trattati a lezione e/o presentati nei testi adottati; della capacità di analizzare i singoli aspetti metodologici e sostantivi del diritto interculturale in modo critico; della capacità argomentativa rispetto alle singoli questioni; della capacità di applicare gli elementi teorici e metodologici del diritto interculturale ai contesti pratici; l’acquisizione della terminologia propria della disciplina studiata.